lunedì 29 aprile 2013

La caverna di Alpha Arcturi – Seconda parte





Fu allora che avvertì un rumore quasi impercettibile alle sue spalle, come di sassolini che rotolassero sulla superficie rocciosa. Non fece nemmeno in tempo a voltarsi per vedere cosa avesse scatenato la minuscola frana che qualcosa – o meglio qualcuno – gli fu addosso. Zitus lottò con tutta la forza che gli era rimasta in corpo contro quell'avversario umanoide, di cui non riusciva a scorgere altri dettagli nel buio, a parte il fatto che era nudo e indossava solo una pelle di animale sull'inguine e un copricapo piumato. Infine, visto che l'avversario non pareva intenzionato ad arrendersi, estrasse il coltello e lo trafisse all'addome. L'alieno cadde riverso sulla nuda roccia esalando l'ultimo respiro. Zitus si avvicinò al cadavere e lo ribaltò. Ciò che vide, lo lasciò senza fiato.

La pelle diafana, il naso schiacciato e quasi assente, le orecchie dai lunghi lobi, la fronte sporgente e gli aguzzi denti rossi che spuntavano dalla bocca aperta in una smorfia di dolore non lasciavano dubbi: davanti a lui, steso sul pavimento della grotta, c'era un Lorki. Come diavolo era finito lì? Si trattava forse del membro di un'avanguardia segreta, nascosta sottoterra e pronta a contrattaccare al di qua delle linee nemiche? Improbabile: con i fucili a negatroni, chi aveva bisogno di sottili strategie? E poi questo Lorki era abbigliato come un selvaggio, pareva uno di quegli uomini delle caverne che aveva visto tanti anni prima, in un libro sulla preistoria umana. L'essere stringeva ancora in mano la pietra con cui lo aveva colpito ripetutamente. L'esoscheletro ultraleggero ma ultraresistente che costituiva l'uniforme da battaglia delle Fiamme Argentee lo aveva salvato ancora una volta, ma la visione del sasso rendeva il quadro ancora più inspiegabile: perché un soldato appartenente a una razza di avanzati esseri cosmici che, si diceva, avevano imparato a dominare il tempo e aveva cancellato sistematicamente i loro avversari usando delle armi devastanti aveva tentato di ucciderlo con una roccia?

La faccenda stava diventando via via sempre più complicata. Mentre camminava con circospezione verso la fenditura nella roccia da cui proveniva il chiarore, Zitus si rese anche conto che le storie sulla pressione letale del sottosuolo arturiano non erano vere: certo, la pressione dell'atmosfera variava anche lì, ma non diversamente né in maniera peggiore rispetto alla superficie del pianeta. Perché avevano raccontato quelle bugie a lui e ai suoi compagni, quando li avevano sganciati dall'orbita di Alpha Arcturi tanti anni prima? La domanda, per quanto legittima, passò in secondo piano quando finalmente Zitus mise gli occhi su ciò che si trovava al di là della fessura. [Continua]

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