lunedì 19 agosto 2013

L'odore venuto dallo spazio




Uno strano odore si era diffuso nell'aria intorno al bosco di San Rocco, un odore che gli abitanti non avevano mai sentito prima. Un odore, a dire il vero, che nemmeno i pochi turisti che ogni estate si trasferivano nella piccola località montana per sfuggire al caldo delle estate padane avevano mai sentito.

L'olezzo si era diffuso da circa un paio di settimane e la gente reagiva alla sua presenza nelle maniere più disparate. Alcuni non lo potevano sopportare e si tenevano debitamente alla larga dal bosco. Altri, invece, lo tolleravano, seppur a fatica. Soprattutto chi era solito andare a funghi ed era elettrizzato da quella improvvisa mancanza di raccoglitori rivali.

Non poteva, ad ogni modo, definirsi un odore “cattivo”, o almeno non nel senso che abitualmente si dà alla parola “cattivo”. Era semplicemente un odore “diverso”, estraneo all'esperienza umana. Alieno.

venerdì 2 agosto 2013

La cittadella di roccia




Quando estrassero i loro compagni dal veicolo, la prima cosa che notarono fu il loro sguardo: il volto contratto in una smorfia di terrore, gli occhi spalancati. I loro corpi erano rigidi e, a un primo esame, il medico della base dedusse che si trovassero in una sorta di coma, indotto da uno shock fortissimo.

L'umore nella base, che nei giorni precedenti era stato piuttosto alto, precipitò miseramente in un cupo silenzio. Gli astronauti lavoravano ai loro progetti meccanicamente, senza aprire mai bocca. Una situazione davvero surreale, pensò Ray Malakian, perché fino al giorno prima avevano ciarlato come un gruppo di studenti alle prese con la loro prima gita scolastica.

martedì 21 maggio 2013

La zona neutra – Sesta parte

Ci siamo! L'odissea dell'Odissea giunge al termine. Che ne sarà di Johnny Martian? Non vi resta che scoprirlo...




Parte 1 | Parte 2 | Parte 3 | Parte 4 | Parte 5

L'immagine affondò nella materia spugnosa del suo cervello come un maglio, portando una sensazione di stordimento che, per qualche minuto, lo costrinse immobile e con gli occhi sgranati, a contemplare il monitor della spietata verità. Lo spazio fuori si era fatto ancora più buio e gelido e desolato, ora che Johnny Martian sapeva di essere solo nell'eternità.

Dopo essersi finalmente ripreso dallo shock, si tolse la tuta isolante e si infilò una tuta pressurizzata. Decise che l'unica cosa da fare fosse tornare verso il ponte principale, nella speranza di raggiungere la Baia ed espellersi in una capsula di salvataggio. Avrebbe anche potuto rimanere ibernato per qualche secolo, prima che qualcuno lo trovasse, ma se non altro non sarebbe morto. O magari sarebbe morto nel sonno, una prospettiva non così cupa come quella di vagare nel nulla senza stelle fino alla morte per assideramento o fame.

martedì 7 maggio 2013

La zona neutra – Quinta parte




L'attesa è stata lunga, ma finalmente ho trovato il tempo di scrivere la quinta parte de La zona neutra. Non si tratta ancora dell'episodio finale, ma la disavventura di Johnny Martian e dell'Odissea sta decisamente volgendo al termine...


Parte 1 | Parte 2 | Parte 3 | Parte 4

Johnny Martian riprese lentamente conoscenza. Quando aprì gli occhi, notò subito che intorno a lui dominava l'oscurità e una calma surreale. Il baccano devastante causato dalla breccia nel fianco dell'astronave, che aveva risucchiato l'aria e i suoi compagni nell'oscuro e silente ventre dell'universo, era un lontano ricordo. All'inizio, ancora stordito, lo sceriffo non si era posto molte domande, ma appena si riebbe del tutto si rese conto di trovarsi davanti a un evento che sfidava la logica: com'era possibile che la parete squarciata si fosse ricomposta da sola? Era come se i rapporti tra causa ed effetto si fossero ribaltati improvvisamente. Martian non sospettava nemmeno di essere così tanto vicino alla realtà.

L'uomo si sforzò di alzarsi in piedi e sentì dolere tutte le ossa allo stesso tempo, come un coro di lamenti ultraterreni che percorresse il suo corpo alla velocità del suono. La maniglia che gli aveva salvato la vita, consentendogli di aggrapparsi per evitare di essere aspirato nello spazio, fungeva ora da appoggio utile per ritrovare la posizione eretta. A quel punto, nel buio dell'atrio silenzioso, Martian si ricordò cosa si stesse accingendo a fare prima che le scosse telluriche togliessero il senso alla sua missione.

Si avvicinò zoppicando alla porta dell'ascensore e notò che la luce del comando manuale lampeggiava: ciò significava che il sistema elettrico d'emergenza era attivo. Johnny premette il pulsante con il palmo della mano e la porta si spalancò. Poi selezionò il piano della sala macchine e discese attraverso la pancia ferita del vascello.

lunedì 29 aprile 2013

La caverna di Alpha Arcturi – Seconda parte





Fu allora che avvertì un rumore quasi impercettibile alle sue spalle, come di sassolini che rotolassero sulla superficie rocciosa. Non fece nemmeno in tempo a voltarsi per vedere cosa avesse scatenato la minuscola frana che qualcosa – o meglio qualcuno – gli fu addosso. Zitus lottò con tutta la forza che gli era rimasta in corpo contro quell'avversario umanoide, di cui non riusciva a scorgere altri dettagli nel buio, a parte il fatto che era nudo e indossava solo una pelle di animale sull'inguine e un copricapo piumato. Infine, visto che l'avversario non pareva intenzionato ad arrendersi, estrasse il coltello e lo trafisse all'addome. L'alieno cadde riverso sulla nuda roccia esalando l'ultimo respiro. Zitus si avvicinò al cadavere e lo ribaltò. Ciò che vide, lo lasciò senza fiato.

lunedì 22 aprile 2013

La caverna di Alpha Arcturi – Prima parte




Zitus Bell non aveva mai pensato che sarebbe morto congelato, nella pancia di una grotta su un ostile pianeta alieno, a migliaia di anni luce dalla Terra. Si era arruolato volontariamente nelle Fiamme Argentee, il corpo di polizia spaziale fondato del presidente Koutra II e promosso da Koutra III a unica forza militare della galassia. Erano giorni gloriosi quelli in cui si era iscritto alle liste, aveva passato l'addestramento col pieno dei voti ed era partito alle volta di Arturo col cuore gonfio di orgoglio. Ora, a dieci anni da quel fatidico viaggio, avrebbe sorriso della sua ingenuità, se avesse potuto muovere le labbra.

Il vento sfrecciava a trecento chilometri orari nella gelida notte di Alpha Arcturi. Zitus si era rannicchiato per bene nella coperta termica in dotazione, ma gli anni avevano scavato enormi buchi rendendola di fatto inutile. Se ne era reso conto ben presto, ma aveva dovuto scegliere tra il morire sbranato dalle belve feroci della tundra o per assideramento. Aveva preferito la seconda opzione.

Sperava di prendere sonno e morire dormendo, la prospettiva più invitante degli ultimi sei mesi. Ma non riusciva ad addormentarsi perché, ogni volta che ci provava, veniva richiamato dal dormiveglia dagli ululati delle bestie sanguinarie che si aggiravano per l'altipiano, in cerca di carne. Si domandava se quell'ultimo verso agghiacciante fosse stato quello di un Urlocefalo o di un Tetragraboide. Non che facesse molta differenza.

mercoledì 10 aprile 2013

La morte ha le piume – Prima parte




Mentre sedeva nella stanza buia e contemplava la porta della cella sconquassata dai colpi della creatura, Carl Vaughn non poteva fare a meno di maledire la sua hybris. Solo un anno prima quella che ora era una spaventosa e ripugnante realtà era stata poco più di una teoria, una serie di appunti scribacchiati sul sottobicchiere di un pub. Poi era cominciato l'esperimento, finanziato in gran parte dall'eredità di famiglia, con cui aveva acquistato esemplari di uccelli di svariate specie selezionate con cura e fatto costruire una voliera nella sua baita nelle Catskill, lontano da occhi indiscreti. Quando si era trovato a dover affrontare un serio problema di fondi, Vaughn lo aveva risolto rubando la strumentazione che ancora gli mancava dal laboratorio dell'università. Una decisione che allora era parsa necessaria, ma di cui oggi si pentiva amaramente e non passava notte senza che il senso di colpa figliasse incubi tremendi con la sua mente sull'orlo dell'esaurimento nervoso.

Ma nessuna delle sofferenze patite nei mesi precedenti poteva essere paragonata al terrore cieco che stava provando in quel momento. Terrore misto alla vergogna per aver scioccamente esultato solo poche ore prima, quando l'esperimento si era concluso con successo. Pazzo! Che cosa credeva di ottenere? Pensava davvero che un ometto insignificante avrebbe potuto controllare una forza ancora largamente sconosciuta come l'ingegneria genetica? Sì, fino alla sera prima lo aveva pensato e ora quella dorata illusione si era frantumata, crollando su se stessa come un castello di carte.