lunedì 25 marzo 2013

Il fiume cremisi




Erano giunti da uno spazio “diverso”. La loro astronave a memoria sub-particellare li aveva traghettati verso la Volta a cavallo di stringhe di luce sulfurea. I guerrieri cerulei a bordo del vascello scintillante avevano battuto le membrane in cerca del mondo sopra i mondi, del passaggio che avrebbe loro consentito di accerchiare le difese dei loro eterni nemici, la razza maledetta che aveva condannato il loro pianeta blu alla morte.

Da secoli i loro scienziati andavano teorizzando quello che l'equipaggio aveva appena scoperto con occhi increduli: che l'universo non era una piatta distesa di materia senza fine ma una creatura pulsante, un animale più antico degli eoni stessi. La Bestia respirava cascate di stelle cadenti e nebulose, si pasceva di pulsar tanto lontane che la loro luce giungeva agli occhi dei Liberi solo dopo centinaia di migliaia di kaldar. Ma non per la Bestia, che tutto vedeva e poteva raggiungere con un sol movimento della sua immane zampa.

Dopo l'attraversamento di un vortice di materia nera, la membrana li aveva risputati in un mondo alieno e terrificante, dove torrenti di rosso icore li traghettavano per canali viscidi nel mezzo di creature dallo strano aspetto gelatinoso, che i Liberi conclusero essere gli abitanti di quelle acque cremisi. La corrente li abbracciò minacciosa, trascinandoli con sé fin dentro a una caverna di rosso accesa. I guerrieri si guardarono intorno esterrefatti: mai in tanti anni di battaglie ed esplorazioni attraverso le galassie avevano posato gli occhi su qualcosa di altrettanto grandioso e allo stesso tempo claustrofobico. L'atrio sarà stato grande quanto il loro sistema solare, talmente esteso che faticavano a cogliere e occhio nudo le pareti della gigantesca volta. Intorno a loro, quella strana popolazione fluviale li seguiva, lambendo di tanto in tanto le cupole della nave con le setole che originavano dai loro viscidi corpi.

Dopo alcuni minuti di esitazione, il comandante diede l'ordine di raggiungere il punto più vicino della cupola rocciosa e detonare un colpo per uscire da quella prigione naturale ed emergere in superficie. Così fu fatto, ma l'effetto che derivò da quella malaugurata impresa colse tutti alla sprovvista: in barba alle leggi della gravità, il fiume cremisi iniziò a vorticare all'impazzata, come se l'apertura avesse originato un divario di pressione, proiettando all'esterno quello strano liquido. Ma la ricerca di una spiegazione scientifica era l'ultima cosa che passava per la mente dei Liberi in quel momento cruciale, nel quale stavano fissando in volto la morte. Risucchiati nel gorgo rosso, tentarono invano di azionare i razzi per bilanciare la loro spirale, ma la corrente era troppo violenta e non fecero altro che peggiorare la situazione.

Fino a che, ancora una volta inaspettatamente, non furono eiettati all'esterno del flusso senza grosse conseguenze, passando dal mondo rosso a un mondo azzurro. I piloti ripresero il controllo dell'astronave e compirono una virata da manuale per tentare di raggiungere il terreno che, stando al radar, si trovava sotto di loro. Quello che però si trovarono di fronte, sul monitor della sala comandi, non era certamente il terreno.

Due occhi immensi li osservavano. Erano posti frontalmente su quella che pareva la testa di un essere gigantesco. Sotto di essi videro una struttura a forma di torre rovesciata che terminava in due fori che sembravano attirare i mondi sospesi intorno a loro – dei buchi neri, concluse l'ufficiale scientifico. Sotto ancora si trovava una voragine ancora più spaventosa dei buchi neri, una specie di bocca che, se si fossero trovati appena più vicini, li avrebbe sicuramente condannati a una morte lenta e dolorosa. Quel muso ributtante e quella testa schifosamente tonda poggiavano su un corpo sorretto da due zampe, mentre le altre due penzolavano dal tronco e sembravano aver funzione predatoria.

Non vi era alcun dubbio su quello che l'equipaggio dei Liberi stesse osservando: si trattava della Bestia, il mostro siderale che racchiudeva il loro universo.

Ma c'era dell'altro: la bocca della Bestia si contorse ed emise uno strepito le cui vibrazioni causarono l'esplosione di alcuni compartimenti stagni della nave. Gli occhi erano spalancati in un'espressione di dolore straziante. Il suo corpo prima si rannicchiò su se stesso, poi collassò sul terreno sottostante producendo un'onda d'urto di portata cosmica. Dal petto del titano morente zampillava quello stesso icore rossastro che loro avevano navigato attimi prima.

Avevano ucciso la Bestia, e con essa il loro stesso universo. La consapevolezza li travolse, mentre navigavano nell'azzurro di un mondo sconosciuto, immenso e letale.

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